Sogno

Qualcuno è convinto che scegliere ciò che è inconsueto sia segno di una sorta di superiore intelligenza, che l’andare controcorrente sia una necessaria manifestazione di coraggio, che optare per uno stile di vita originale sia meritorio di premio. Sarebbe semplicistico chiudere la questione sostenendo che si tratta di pure convenzioni. Talvolta queste affermazioni possono essere fondate. Ma non sempre è così vero. Chiudere gli occhi e lasciarsi infondere sentimenti e percezioni da una forza a te ignota aiuta spesso a capire il valore della sfumatura. Ebbene, quella forza ha agito e questa volta mi ha indotto a immaginare che la vita sia come quando voli come su un aliante. Hai bisogno innanzitutto di chi ti porta su, lo farà la tua famiglia, lo faranno gli amici, lo farà l’amore. Poi, una volta su, voli libero, senza motore, senza nessun altro ausilio che le forze che nella natura trovi, l’aria che ti pervade, il vento che ti mantiene sempre alto su tutto e su tutti, la luce che ti sfonda dentro dappertutto. E stai bene. Ma sopratutto lassù, nel dominio assoluto dell’unica forza che può pretendere di avere il controllo sul tuo corpo e sulla tua anima, quella natura a cui tu, in assoluta libertà, decidi di affidarti fiducioso, vivrai il piacere del silenzio e ne comprenderai il valore autentico. Senza quel silenzio, premio della tua libertà, non apprezzeresti mai il rumore becero e invidioso, acrimonioso e insidioso di chi resta sotto, servo di tutto e di tutti, e non potrà mai volare. La vita, volata così, è il viaggio più bello che si possa realizzare, comunque e ovunque, nonostante tutto. Da lassù ogni differenza sfuma, ogni errore di fabbrica risulta impercettibile, tutto quanto appare il prodotto di un sapiente disegno. Un disegno di chi ha potuto scegliere. E allora rifletti. E ti ricordi che non sempre nella vita puoi scegliere. È questo che ai più non va giù. Chi ha sempre avuto la pappa bell’e cotta e crede che tutto quello che ha, che possiede, che ha ottenuto, sia lì nelle sue mani, come qualcosa di dovuto o addirittura di scontato, raramente si rende conto di cosa significa conquistarselo. La solitudine, nel silenzio della libertà, aiuta allora a riconoscere anche questo. Stare sempre laggiù, nella presunta normalità, non lo consente, illude, travia, induce un’immagine fittizia della vita. La solitudine invece aiuta a creare sempre qualcosa, perché nella solitudine pensi, correggi, emendi, consegni; aiuta ad apprezzare anche un errore di fabbrica per quello che è: non l’hai scelto tu e quello che hai tu vale il doppio, proprio perché tu hai avuto quegli strumenti idonei per valorizzarlo e per capire la bellezza di tutto quello che per i più è scontato e addirittura spesso dozzinale.

E allora il sogno fa il suo mestiere. Costringe nel caos la memoria. Inizia il suo andirivieni nel tempo e ti riporta a un colloquio con un amico che, in un mio periodo di malattia, mi aveva detto di percepire una specie di ansia da solitudine nelle mie parole. Lo dovetti correggere immediatamente. Perché ansia? Da che punto di vista osservava la solitudine? Dal basso o dall’alto? Dal caos e dal disordine terrestre o da questa meraviglia di armonia che il silenzio del cielo comunica? Lui mi disse che il dolore ha il potere di togliere ogni dignità alla persona e che questo produce effetti collaterali. Aggiunsi: anche la fiducia e la credibilità vengono tolte, perché chi non vive la quotidiana guerra non lo può mai capire. Avvertii allora la necessità di correggere il tiro e di dare alcune spiegazioni. Dissi che in questi casi sarebbe sempre meglio tacere e lasciare che gli altri pensino quello che sono liberi di pensare; meglio tacere e non lasciarsi prendere dalla tentazione di pensare come quella persona, che non ha fatto il minimo sforzo per comprendere, possa reagire in queste condizioni; meglio tacere sempre, nella consapevolezza che, appena avverti il bisogno di condividere il dolore, l’altro ne sta già cercando uno suo e pensa a se stesso e non a te; meglio tacere e, appena possibile, fare una gran risata esorcistica. Ma solo per te stesso. Gli altri, lascia perdere. A meno che? Sì, ci può essere un’eccezione. Nel caso che anche l’altro soffra, allora tutto potrebbe cambiare. Due sofferenze possono annullarsi in un amore? Assolutamente sì. Come in matematica: meno per meno dà più. Ma è un caso molto raro.
L’amico mi rinfacciò che avevo poca fiducia nell’altruismo. Anche quello era vero, ma solo in parte: l’egoismo è il peggiore dei mali, senza dubbio, perché tutti in un modo o nell’altro siamo egoisti; ma l’altruismo è facile da imparare e riconoscere agli altri sono in teoria; una cosa è imparare l’altruismo, altra essere altruista; ce ne corre, come sempre del resto tra il dire e il fare. Nel capolavoro di Joël Dicker La verità sul caso Harry Quebert, in uno di quei dialoghi sulla scrittura dal tono quasi filosofico tra Markus ed Harry che costituiscono quasi una sorta di intermezzo tra un capitolo l’altro, il secondo sostiene che una cosa è imparare la scrittura, un’altra essere scrittori. Insomma, la verità viene dalla realizzazione dell’opera finale, la risposta alla tenacia dell’allenamento settimanale viene dal campo nella partita della domenica.

Gli dissi allora che la solitudine è una condizione a cui ci si deve abituare, perché prima o poi capita a tutti. L’anziano vive solo, perché spesso perde gli affetti, anche dei suoi stessi familiari. Il disabile spesso vive solo, vuoi perché le strutture esterne lo costringono a dipendere dagli altri e a sentirsi protetto soltanto tra le mura di casa, vuoi semplicemente perché la società in cui viviamo trova più comodo compatirlo che aiutarlo. Il marito separato spesso vive solo, perché per l’uomo stringere relazioni è più difficile che avere conoscenze superficiali, mentre per la donna pare sia più facile. Il timido può trovarsi solo non perché meno coraggioso di altri, ma proprio perché lui, meglio di altri, sa quanta paura provochi una relazione avviata in modo improvvido e quanta delusione derivi da un’illusione lasciata alla deriva come la nave il cui timoniere si è addormentato o si è lasciato sedurre dalle sirene del momento. Tante persone che confidano troppo nella profondità dei sentimenti vivono sole, perché per loro la vita è una cosa fin troppo seria, quasi una pretesa. Ma vista da una prospettiva atipica come questa, dal vetro di un velivolo senza motore, dominato completamente dalla bellezza della natura, fiducioso totalmente nelle forze di quella, la solitudine, di cui l’amico mi avvertiva di essere preda, appare invece un prisma dalle tante sfaccettature, assai più complesso e per questo più intrigante da studiare. Gli dissi che la solitudine è come una montagna dolomitica, che per i più è bella solo se ammirata dalla parte fotografata da tutti, quando invece avrebbe mille altri scorci da indagare, quelli che soltanto i suoi veri intenditori conoscono e sanno rispettare; che la solitudine è un paesaggio malinconico nell’immaginario comune, può anche diventare un ricettacolo di rifiuti se la vivi male, può consentirti di vedere la vita da un’angolazione inconsueta e riservarti il godimento di una bellezza che mai avresti immaginato prima. Non esiste una definizione universalmente condivisibile. Quassù lo comprendi molto bene. Nel sogno tutto ha il potere di sembrare sempre chiarissimo. Gli dissi anche che la parola viene da un vocabolo latino che significa semplicemente luogo disabitato, e basta: tutti possono aggiungere quello che preferiscono, tutti la possono intendere come vogliono, tutti la possono fare propria come preferiscono. Oggi aggiungerei a quella riflessione di allora che la sua vastità è la sua bellezza.

Al risveglio dal sogno, ti resta questa riflessione, e non è poco: il viaggio della vita, senza la libertà di quel silenzio di cui ti sei inebriato lassù, nell’incanto della solitudine desiderata e meritata, e da cui non ti saresti mai voluto destare, è come un treno senza un luogo d’arrivo, una strada imboccata senza una meta, una passione attraversata senza amore, un’avventura che s’impaluda nelle melme dell’effimero. Senza il sogno quel viaggio non sarebbe possibile. Solo il sogno lo rende reale. Solo il sogno ti dà il premio.

È il silenzio nella libertà, su un aliante fiducioso delle forze che lo sostengono e lo governano. È il silenzio della libertà, la cui fiducia è tutta quanta in quella natura e in quella forza che ti ha plasmato.

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