Da tempo desideravo leggere Un amore senza fine di Scott Spencer, del 1979. Un classico, si dice. E lo è. Come al solito, i pareri discordi mi hanno convinto. Un libro che fa parlare di sé in tanti modi diversi è un vero libro. E così mi sono sprofondato nella vicenda narrativa di Jade e David e del loro fuoco d’amore. Sì, fuoco: perché da un incendio, quello appiccato da lui diciassettenne alla casa di lei e della sua famiglia, tutto prende avvio. E un vero incendio di sentimenti avvolge il lettore dall’inizio alla fine, circondato dalla vacuità di tutto il resto, persino nel vuoto di valori di un contesto in cui anche la politica, quella delle grandi infatuazioni che puntualmente delude, viene meravigliosamente derisa. David, figlio di attivisti della sinistra anni Sessanta che non sanno essere genitori e non sanno farsi amare da lui, è attirato proprio dalla famiglia anticonvenzionale di Jade. Ma questo rapporto di amore sarà segnato, come da una sorta di peccato originale, proprio dall’episodio dell’incendio: la follia entra allora in dialettica con l’eros, il processo con la difficile rieducazione. Figure perfette di personaggi minori si associano ai due ragazzi protagonisti. Gli psichiatri, i fratelli di Jade, sua madre Ann e le altre figure narrative ricevono una caratterizzazione mai scontata, sempre acuta, pungente, che resta nella memoria fino a farle quasi male, attraverso strumenti di cui stiamo perdendo noi stessi memoria, come la lettera o la telefonata. Non cercate una logica dove questa non può esserci, perché mai stata negli intendimenti. “Allora capii che ero entrato a far parte della vasta comunità dei condannati, uomini e donne: l’amore s’era contorto in me precipitandomi in un caos.” Così, con le parole di David, fareste bene ad avvicinarvi a questo libro.
Scott Spencer, Un amore senza fine, Sellerio, Palermo 2015
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