Tessere trame

Solitudine, concentrazione, silenzio. Sono le condizioni per poter leggere, mi disse un giorno un collega. Ma anche per poter scrivere, aggiungo. E non bastano attimi di solitudine, di concentrazione o di silenzio, ma occorrono ore intere per leggere, se necessario anche giornate intere, almeno per scrivere. Chi non le sa apprezzare, chi non se le sa ritagliare non sarà mai un lettore, né tanto meno riuscirà a produrre qualcosa che sappia comunicare un sentimento, un sogno, un’emozione, un battito d’ali, un fruscio d’api, una brezza che solleva un aquilone, un anelito di libertà. Dispiacerà a qualcuno sentirselo dire. Ma credo che la crisi della lettura sia dovuta anche alla difficoltà di trovare nello scorrere del nostro tempo parcelle segrete di isolamento in cui sia possibile concentrarsi in silenzio. Quando scrivo spengo il cellulare. Lo faccio di sera o nelle prime ore del mattino, oppure anche di notte. E allora non avverto lontano quell’anelito di libertà. Quanti sanno apprezzare oggi il valore di queste tre condizioni? Ho aperto un profilo, su consiglio di un editore, su un mezzo di comunicazione sociale per avere una pagina su cui diffondere quello che scrivo. Mi sento dire che è fondamentale avere un profilo su uno di questi mezzi di comunicazione che ancora chiamo nuovi, ma che, mi dicono, non lo sono più. Eppure non sto bene finché non avete risposto a questa domanda: ma voi davvero credete che chi clicca su quei collegamenti sul mezzo di comunicazione sociale, che conducono ai miei scritti su questo sito, viva davvero la condizione necessaria di solitudine, di concentrazione e di silenzio, le uniche che hanno consentito a quelle parole che legge di prendere la forma di un testo? Riflettete con calma e, se volete, ditemi cosa ne pensate. E allora, mentre voi pensate, faccio il mio mestiere e salgo un po’ in cattedra. Concedetemelo: per questo mi pagano. La parola testo viene dal participio perfetto latino del verbo che significa tessere; dal participio si forma il nome della quarta declinazione textus, che indica il tessuto in quanto complesso ma coerente intreccio di fili di stoffa, opera paziente, come quella del sarto, che intesse trame vivendo di quella lentezza e di quella ricerca di bellezza, cui anela anche chi scrive. Non credo che l’era dei mezzi di comunicazione sociale sia disponibile a fare questo passo indietro. Ma sono convinto che prima o poi qualcuno inizierà a capire quanto ha perduto rinunciando alla bellezza che solo nel silenzio, nella concentrazione e nella solitudine si può scoprire. Successivamente ci sarà una seconda fase, altrettanto inevitabile, che richiederà di uscire fuori, di divulgare e rendere pubblico ciò che hai tessuto. Ma il sacrificio occorre che sia praticato, consapevole, come da più parti si sente dire, che quel tessuto e quella trama che a te hanno richiesto ore per essere pensati, tessuti, ricamati, perfezionati e confezionati, saranno fagocitati in un secondo da chi riceverà il messaggio e spesso giudicati in un’ancor più piccola frazione di secondo. E nulla mi convincerà del contrario: per me questa è una ragione di più per apprezzare l’incomparabile bellezza di quei tre valori da cui siamo partiti.

Solitudine. Concentrazione. Silenzio.

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