Tradizioni antiche, paesaggio di montagna, sciamanesimo, intreccio di rapporti sentimentali tra personaggi … Quando in una narrazione che verte su altro, un thriller nella fattispecie, si vuole mettere dentro troppo, il lettore si disorienta e si perde. Accade in Ninfa dormiente di Ilaria Tuti, che non ritengo all’altezza del primo romanzo Fiori sopra l’inferno, meritevole veramente sotto vari aspetti, primo fra tutti la capacità di orchestrare bene la narrazione. Se quello era un vero thriller psicologico, questo viene presentato come tale, ma, a lettura terminata, non lo è. Si tratta di un thriller avvincente, ma che perde in profondità di analisi dei personaggi quello che aveva lasciato la lettura del primo romanzo. Dico questo perché, quando scrissi un lungo racconto in cui pretesi di realizzare una sorta di mescolanza di più generi letterari, dalla favola alla prosa psicologica, venni rimproverato dai lettori dal palato fine di aver voluto proporre troppo. Ero caduto, insomma, nella trappola della pretesa. Avevano ragione da vendere. Detto questo, la lettura di Ninfa dormiente lascia comunque il desiderio di conoscere un mondo particolare come la val Resia, un’isola slava nella Carnia friulana, che non vuole confondersi con la Slovenia, una cultura e una tradizione antichissime a rischio di estinzione, un retroterra antropologico che affonda le sue radici nelle migrazioni slave del medioevo, quando i popoli delle grandi pianure dell’est portavano con sé tracce sarmatiche, scitiche, persino mongoliche. Il mondo di Ilaria Tuti resta quello della Carnia. Il paesaggio resta quello del primo romanzo. La montagna parla attraverso personaggi che sembrano essere rimasti intatti nel passaggio dei secoli. E, in effetti, le culture montane, si sa, hanno questa caratteristica di essere estremamente conservative. Questo salverei del secondo romanzo di Ilaria Tuti, anche se la quinta geografica e paesaggistica non si amalgama con la narrazione e con l’indagine di Teresa Battaglia, come avveniva nel primo romanzo. Purtuttavia, mi è venuta una gran curiosità di andare in val Resia, nelle Alpi Giulie, sotto il Plauris e il Canin, all’ombra dei monti Musi e di sentir parlare l’antica lingua resiana. Hanno sempre un fascino molto particolare queste comunità che resistono abbarbicate al loro paesaggio. Anche soltanto per questo Ninfa dormiente andrebbe comunque letto.
Incursione narrativa in val Resia

Rispondi